Lutto e melanconia nella corrispondenza proustiana degli anni di Guerra (1914-1918)
By Sabrina Martina
Questo articolo affronta un tema ampiamente dibattuto negli ultimi anni, l’entità e il valore della/delle rappresentazioni proustiane della Prima Guerra mondiale. A fronte di un certo disinteresse della critica per lo spessore e la portata storici della Recherche, protrattosi per lunghi decenni, opere pionieristiche come quelle di Kracauer, Ricœur e Ginzburg hanno riacceso a partire dagli anni sessanta del secolo scorso l’interesse intorno a questa fondamentale dimensione del grande capolavoro proustiano. Le recenti iniziative prese sotto l’egida del centenario del 1914 hanno poi moltiplicato le iniziative e i contributi dedicati in particolare al capitolo di Le Temps retrouvé dove Proust mette in scena la guerra. La prospettiva adottata in questo articolo per mettere in luce talune caratteristiche e peculiarità della narrazione proustiana adotta come focus il tema del lutto, e la sua rappresentazione nelle numerose lettere di condoglianze di cui la corrispondenza proustiana è ricca. La lettera di condoglianza è un micro-genere epistolare con sue regole (un fatto, questo, ben presente alla coscienza di Proust), suscettibile di entrare nell’analisi della cosiddetta “cultura di guerra” (quale è stata definita da Audouin-Rouzeau e altri). Oltre al livello documentario, le lettere di condoglianza proustiane permettono una via d’accesso al grande laboratorio della Recherche, in particolare per quanto riguarda il tema de le chagrin et l’oubli, fornendo documenti suscettibili di diversi livelli di lettura, alcuni più prossimi alla temperie direttamente biografica, altri già pronti per la trasformazione e l’inserimento nell’opera-cattedrale. Il riferimento freudiano del titolo allude a due grandi dimensioni del Lutto nell’opera di Proust: lutto individuale come melanconico svuotarsi dell’io e culto della memoria dei morti come Istituzione. Quest’ultima dimensione, privata di ogni aura e retorica celebrativa, è tuttavia ben presente in Proust, che avvertì profondamente la sua responsabilità sociale come individuo e come scrittore di fronte alla guerra.
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